Cesare Battisti – Una vittima degli ideali e del fanatismo politico.

E’ fuor di dubbio che chi commetta un omicidio, debba pagare col carcere e non debba farla franca per nessuna ragione al mondo. Come è pure ovvio che il tempo non possa, né debba, cancellare un reato così odioso come l’assassinio di un essere umano e nel caso di Cesare Battisti, le vite recise sono quattro.

Lui, era il terrorista, l’eversivo che imbracciava armi per combattere lo Stato e colpiva i suoi simboli. Cavalcava la “Lotta armata” negli anni di piombo, militava nel gruppo dei “Proletari Armati per il Comunismo” ed era persuaso che avrebbe cambiato il mondo e lo avrebbe fatto anche e soprattutto grazie all’azione eversiva che apriva uno scontro aperto contro lo Stato. E per abbatterlo, quello Stato malato, Battisti non esitava ad usare la forza, le armi… Non ci si facevano troppi scrupoli in quegli anni ad uccidere chi era nemico dell’ideale e lui… era un idealista!

Il fanatismo e l’abnegazione estrema nei confronti di una fede politico-sociale che imperversava negli anni di piombo in certi ambienti, ispirati da filosofia e convinzione comunista, hanno prodotto una generazione di “combattenti” pronti a dare la vita per l’obiettivo da perseguire. O almeno questo è quanto è accaduto in taluni casi, ma in altre situazioni, in altre occasioni, taluni non se la sono sentita di affrontare a viso aperto le proprie sconfitte e pagarne il prezzo personalmente. Certi sono scampati alla giustizia (talvolta ingiusta) dell’uomo, rimandando il prezzo da pagare a quella divina (ammesso che ce ne possa essere una).

Cesare Battisti, quando può, scappa via e trova rifugio altrove. Questo ingrato Paese riserverebbe lui ormai solamente il castigo, la pena del carcere. E lui, il combattente, si spoglia dei panni del rivoluzionario, ripone l’immagine del Che nel cassetto, seppellisce l’ascia di guerra e prepara le valigie.

Un guerriero che rinuncia agli onori di aver provato a cambiare le cose, uno che scrive e non spara più, l’uomo che specchiandosi non riesce più a vedere l’immagine di sé contro il mondo ingiusto e corrotto, contro la politica maledetta che fa proseliti grazie al favoritismo, al nepotismo, alla corruzione, al malaffare, quella politica retta da faccendieri collusi con la mafia e la malavita, con la criminalità organizzata, quella stessa che vendeva e comprava armi grazie proprio ai canali politici eversivi negli anni della lotta armata…

Ma dove cazzo scappa un terrorista? Come fa a nascondere se stesso? Come si fa a crearsi una nuova identità, una nuova vita che tenti di dimenticare l’altra?
Ci vuole coraggio per scegliere di passare dalla parte della vittima e lui, l’ha fatto! E’ diventato la bestia da braccare, da scovare, da provare ad intrappolare. Per sempre!
Ci vuole paura per scegliere questo. Ci vuole codardia consapevole per fare il salto dall’altra parte del muro. Come spiegare ai familiari di chi si è ammazzato che in quel momento era la cosa da fare? Quale essere umano sarebbe disposto a comprendere le ragioni di un pazzo con l’arma in mano che spara e uccide?

Non si nasce eroi, lo si diventa, a volte per caso, altre per scelta o per forza! Lui, non è stato un eroe e quelli che hanno visto in lui il maestro, hanno poi dovuto rivedere le proprie idee giudicandolo un cattivo maestro e l’aggettivo “cattivo” è nel tempo scivolato sempre più nelle pieghe di un significato vicino al termine “vigliacco”.
Che grande eroe sarebbe oggi, se la Lotta Armata avesse sfociato nel progetto di sovvertimento delle cose, se il Potere fosse stato preso dal Popolo e se quel senso di giustezza (non di giustizia) avesse prevalso su tutto. Che eroi avremmo oggi, se quel tentativo di risorgimento avesse vinto.
Invece ci ritroviamo un pugno di assassini, indeboliti nel corpo e nel pensiero, impauriti e rassegnati che non s’immolano per l’ideale e tantomeno picchiano i pugni sul tavolo, ma chiedono pietà, invocano la grazia e sommessamente, chiudono per sempre le pagine del passato portando con loro il ricordo di quando erano in piedi.

A noi adesso non resta che il grido di giubilo dei politici che fanno a gara per esprimere la propria soddisfazione perché la bestia è finita nella rete. E si pavoneggiano costoro… Da destra a sinistra… Un coro unanime di giudizi impietosi e “condannevoli”, lo fanno in nome delle vittime e dei loro familiari e lo fanno perché una vetrina non si butta mica via.

La giustizia trionfa, ci mette un po’, ma poi alla fine trionfa! E che sia di monito per chi in futuro pensasse di alzare la testa, chiaro?
Adesso accendiamo la tv perché ci sono le partite e mi raccomando: tutti allineati e coperti.

Pubblicato da Giorgio Consolandi

Giorgio Consolandi – Romano di nascita, apolide per istinto. Impegnato ideologicamente per il sociale, sento forte da sempre il dovere del perseguimento della giustezza e la difesa dei deboli. Contrasto con ogni mezzo i soprusi, sebbene consapevole che il concetto di società perfetta, rimarrà utopico. Ateo, perché rifiuto il concetto di creatore, pongo l’uomo al centro dell’universo e lo rendo responsabile delle sue scelte. Mi interesso di politica poiché credo sia necessaria una visione ampia di tutte le attività umane e della regolamentazione di esse, sono tuttavia consapevole della fallibilità e dell’imperfezione della politica, più che disilluso, continuo ad essere un sognatore, e lotto perché i sogni si concretizzino. La scrittura come forma espressiva del pensiero ed il pensiero come strumento motore della scrittura mi inducono a raccontare le mie analisi personali, le critiche, le esaltazioni, le allucinazioni ed i miraggi che la vita mi infligge senza compassione e senza chiedere permesso. Se cade il mondo io non mi sposto, cerco invece, in un esercizio vano e disperato, di trattenerlo ancorato alla logica ed alla ragione, al sentimento ed all’amore, ma sono sempre più solo. Sostengo ed attuo la difesa degli animali, la loro tutela contro inutili sofferenze ed abusi. Sono figlio degli anni ’60 e ne porto addosso le emozioni e le pulsioni che la mia generazione ha ricevuto. Ho coscienza di far parte di un segmento storico, giudicato con impietosa severità da chi ci succede. La mia generazione ha prodotto contraddizioni morali, etiche, religiose e anche sociali, ma ha determinato la crescita del Paese. I miei J’accuse sono sassi gettati nel lago, lo so che qualcuno è sempre pronto ad accodarsi alla lotta, ne sono convinto!