La carabiniere veneta e la donna che aveva deciso di morire

Era di pattuglia ieri mattina con il collega. Martina Pigliapoco, giovane carabiniere in forza alla stazione dell’Arma di San Vito. Poi al 112 arriva la segnalazione: c’è una donna in difficoltà sul ponte tibetano di Perarolo di Cadore, sopra un canalone alto più di 80 metri.

I militari si portano sul luogo. Martina si arrampica lungo il sentiero fino all’imbocco col ponte e prende subito atto della situazione decisamente critica. Martina vede una donna seduta sul ponte e tutto lascia intuire che sta per decidere di gettarsi nel vuoto. Martina non esita sul da farsi, si siede con lei e inizia a parlarle, vuole dissuaderla dal compiere il gesto estremo. La donna parla di situazioni disperate, ma la carabiniere cerca di far leva sui figli, sul marito, e dopo circa 4 ore finalmente quella donna disperata si convince. Aggrappata a una corda scavalca il parapetto e raggiunge Martina, le due donne si abbracciano e si sfogano tra le lacrime.

Tutto si è risolto per il meglio, grazie alla capacità di persuasione della giovane carabiniere, grazie alla sua umanità e alla perseveranza.
Definiamo spesso “eroi” calciatori o sportivi, abusiamo del termine rivolgendolo a situazioni che nulla hanno di eroico. In questo caso Martina che ha fatto il suo dovere, agli occhi di tutti è giustamente definita in tal modo.
Le sono giunte le congratulazioni e gli apprezzamenti da colleghi e superiori e lo stesso governatore della Regione, Zaia, si è congratulato per la grande professionalità e il coraggio.

Senza voler fare della facile retorica viene da considerare che oggi più che mai, abbiamo un gran bisogno di ragazze come Martina Pigliapoco.