(Adnkronos) – “L’anticorpo bispecifico blinatumomab è il primo farmaco approvato per trattare la malattia minima residua (Mrd) in un tumore del sangue. Per chi si occupa di oncoematologia negli anni questo parametro è diventato di primaria importanza nella pratica clinica, in particolare per il suo valore nel determinare la prognosi e nelle scelte terapeutiche”. Lo ha detto Robin Foà, professore emerito di Ematologia all’università Sapienza di Roma, oggi a Milano, nel corso dell’evento in cui Amgen ha illustrato i risultati dello studio clinico di Fase III E1910 che dimostrano come l’introduzione dell’anticorpo monoclonale bispecifico blinatumomab nella prima linea di trattamento aumenti significativamente la sopravvivenza globale dei pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta (Lla) da linfociti B Ph- di nuova diagnosi.
“In una patologia come la leucemia linfoblastica acuta, monitorare la Mrd è importantissimo, perché è l’unico modo attraverso il quale poter impostare la migliore strategia terapeutica mirata per il singolo paziente – prosegue il professore – Tuttavia, per ottenere dati precisi e attendibili è importante che le indagini siano eseguite in laboratori certificati, con controlli di qualità, utilizzando le medesime tecniche standardizzate e seguendo rigide tempistiche. Per questo, in Italia dal 1996 si è deciso di centralizzare” lo studio dei “campioni dei pazienti con Lla arruolati nei protocolli clinici del Gimema, il gruppo italiano malattie ematologiche dell’adulto a Roma, alla Sapienza. Il monitoraggio della Mrd viene poi effettuato, oltre che a Roma, in altri 2 laboratori: uno a Bergamo e uno a Palermo. È importante sottolineare che tutti e 3 i laboratori utilizzano le stesse tecniche di biologia molecolare (Pcr quantitativa), seguendo uno standard europeo. Commettere anche un minimo errore nel monitoraggio della Mrd – conclude Foà – può realmente costituire una discriminante per la sopravvivenza del paziente”.
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