Lo scenario è la città di Magenta, un comune italiano di circa 24mila abitanti, della città metropolitana di Milano, in Lombardia. La novità è il progetto di un nuovo soggetto politico, un partito che si chiamerà Nuova Italia e che sarà una lista civica formata da persone di religione islamica e con un candidato sindaco musulmano.
A Magenta, l’attuale amministrazione è di centrodestra a trazione leghista, che conquistò le elezioni comunali nel 2017, scalzando il Pd e dalla Lega locale non arrivano comunque impressioni di preoccupazione per la discesa in campo degli islamici, tanto che Gelli, il vicesindaco, ha dichiarato: “In democrazia siamo tutti liberi di presentarci alle elezioni, ma non nascondo che trovo inquietante la nascita di un movimento a sfondo religioso. A Magenta c’è molto da fare e la costruzione di una moschea non può essere il punto centrale di un programma elettorale. Creare una lista caratterizzata dal punto di vista religioso significa ghettizzarsi e chiudersi. Comunque questo nuovo movimento non ci spaventa: i musulmani magentini non ci hanno votati, la Lega non perderà nemmeno un voto”. Mentre non ci sono commenti dal sindaco Chiara Calati.
Spiega Munib Ashfaq, il portavoce dell’associazione islamica “Moschea Abu Bakar” che l’idea di presentarsi alle prossime elezioni amministrative del 2022 scaturisce dalla volontà di portare avanti la “battaglia”, iniziata già due anni fa, per la costruzione di una moschea. L’associazione conta circa 1500 membri e ben 500 di questi sono italiani e naturalmente hanno diritto al voto.
Prosegue Munib Ashfaq precisando che la spinta al progetto arriva dai fedeli che, per niente soddisfatti dell’attuale governo cittadino, ci chiedono di impegnarci in politica. Occorre allora una lista che ci rappresenti, con un candidato sindaco musulmano, ma puntualizza il portavoce, una lista che sarà aperta in ogni caso anche a persone di diverse confessioni religiose. Non solo quindi una lista a sfondo musulmano.
In cima alle priorità che la nuova formazione si prefigge c’è l’edificazione di un luogo di culto (appunto la moschea).
Tuttavia il programma elettorale naturalmente annovera altre proposte: il potenziamento dei servizi sociali, maggiore attenzione alla manutenzione ordinaria e alla sicurezza, l’obbligatorietà, per gli assessori, di rinunciare a qualunque impegno lavorativo esterno per dedicarsi completamente alla macchina comunale. (questo punto prevede però che l’indennità percepita sarà più alta…).
Il “braccio di ferro” con l’amministrazione comunale del sindaco Chiara Calati (eletta come membro della società civile, ma recentemente passata alla Lega) risale al settembre 2018, quando venne convocata dai musulmani una conferenza stampa: informarono quanto sarebbe accaduto un anno prima, a ridosso della campagna elettorale. Raccontarono che i rappresentati locali della Lega vollero incontrarli, proponendo, in cambio di voti, la costruzione di un luogo di culto e un campo da cricket.
Simone Gelli, leader leghista e attuale vicesindaco con delega alla Sicurezza, sarebbe stato a capo di quell’incontro. Gelli non ha mai negato che l’incontro ci sia stato ma smentisce qualsiasi promessa fatta in cambio di consensi elettorali.
Il vicesindaco poi, nell’estate 2018 pensò bene di modificare il regolamento di Polizia locale e impedì agli islamici di pregare riuniti. Anche se questo è chiaramente una contraddizione a quanto affermato nell’articolo 19 della Costituzione della Repubblica.
Questo fu il punto di non ritorno, i rapporti incrinati ebbero un’escalation negativa che allontanò sempre più la Lega dagli Islamici. In questo periodo (circa 18 mesi) all’associazione Moschea Abu Bakar è sempre stato negato qualsiasi permesso per pregare ritrovandosi in un luogo qualsiasi della città. E’ chiaro che chi vive una condizione simile si senta perseguitato e vessato e seppure sia una sensazione che un non musulmano non possa percepire fino in fondo, se ne intuisce il dolore intimo che queste persone possano provare. Non si sarebbe dovuti arrivare a tanto, e sarebbe stato opportuno mettere in conto una reazione politica come quella che sta verificandosi in queste ore.
Un altro capitolo nero tra la comunità musulmana e l’amministrazione fu la negazione del sindaco nell’agosto 2019, alla richiesta di poter utilizzare uno spazio pubblico per celebrare la Festa del Sacrificio. I permessi non vennero concessi e gli islamici chiesero ragione al TAR che avallò le loro motivazioni e obbligò così il Comune ad identificare un luogo adeguato.
Naturalmente la festa scosse gli animi di numerosi animalisti che protestarono con intensità, ma sfilò via serenamente e senza incidenti.
Il sacrificio rituale che si pratica nel corso della festività ricorda il sacrificio sostitutivo effettuato con un montone, da Abramo, del tutto obbediente al disposto divino di sacrificare a Dio il proprio figlio, prima di venire fermato dall’angelo. È quindi per eccellenza la festa della fede e della totale e indiscussa sottomissione a Dio (islām). E’ ovvio che una celebrazione cruenta faccia rabbrividire noi occidentali, senza necessariamente essere animalisti, e lo sdegno che proviamo è proprio in ragione della platealità dell’evento. Sebbene anche noi celebriamo la pasqua mangiando l’agnello…
L’associazione islamica si aspettava una linea più morbida dalla giunta di centrodestra in seguito alla sentenza del Tar e dopo che la Consulta, nel dicembre scorso aveva dichiarato “anticostituzionale” la cosiddetta Legge Anti-Moschee varata dalla Regione Lombardia nel 2015, ma le cose non sono cambiate. L’amministrazione precedente, a guida Pd, aveva già individuato nel Piano di governo del territorio, l’area per il luogo di culto, mancava però il Piano per le attrezzature religiose.
Così adesso l’amministrazione comunale, continuando la battaglia con la comunità musulmana, si ostina a non procedere al varo del Piano appigliandosi a questo vincolo burocratico. Una scelta discutibile, si continua a gettare benzina sul fuoco, piuttosto che arrivare ad una soluzione.
Il portavoce Ashfaq dichiara: “Questo accanimento e tutti i problemi irrisolti di Magenta ci spingono a impegnarci per servire questa meravigliosa città, che ci ha accolti, presentando una nostra lista. Siamo sostenuti anche da tante persone non di fede islamica: grazie al lavoro svolto in questi anni con il parroco, don Giuseppe Marinoni, la nostra comunità e quella cattolica si sono incontrate, costruendo assieme un percorso di conoscenza e di inclusione”.
Se continuiamo ad accogliere cittadini di altre nazioni e di diverse confessioni religiose, abbiamo l’obbligo morale e costituzionale di pensare anche ai loro diritti. Ad alcuni può non piacere ma allora dovremmo pensare di cambiare la Costituzione e di chiuderci nel nostro territorio, tenendo ben chiusi porti, confini e spazi aerei e buttare nel secchio tutte le Politiche dell’accoglienza. Se non siamo pronti per la multietnicità dovremmo iniziare a pensare al nostro Paese come a qualcosa di assolutamente esclusivo, chiuso al mondo esterno e scevro da contaminazioni socio-culturali provenienti da fuori.