Messina Denaro, dai traslochi ai regali: tutte le prove che incastrano la famiglia Luppino. Adnkronos – ultimora

(Adnkronos) – Con l’accusa di essere i fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro, sono stati arrestati oggi, 13 febbraio 2024, i fratelli Antonino e Vincenzo Luppino, figli dell’imprenditore di Campobello di Mazara Giovanni Luppino, autista del capomafia morto lo scorso 25 settembre. 

Entrambi sono indagati per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dall’essere stati commessi al fine di avvantaggiare l’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra. L’attività, condotta nell’alveo delle indagini finalizzate a ricostruire la rete di fiancheggiatori che ha sostenuto l’allora latitante Messina Denaro Matteo, “ha permesso di raccogliere elementi investigativi che conducono ad ipotizzare che i due indagati, unitamente al padre Giovanni Salvatore Luppino (attualmente detenuto e sottoposto al giudizio abbreviato innanzi il GUP di Palermo), abbiano contribuito con le loro condotte al mantenimento delle funzioni di vertice del capo mafia castelvetranese, fornendogli prolungata e variegata assistenza durante la latitanza e partecipando al riservato sistema di comunicazioni attivato in suo favore”. 

Secondo quanto scrive il gip Alfredo Montalto nell’ordinanza di custodia cautelare, i due fratelli “svolgevano l’affidabilissimo compito di ausilio al proprio padre”, arrestato subito dopo la cattura del boss. I Luppino, secondo il gip “in diverse tappe relative alla gestione del latitante fornivano un aiuto prezioso al capomafia per moversi e spostarsi sul territorio e quindi di svolgere una funzione essenziale per l’intera associazione mafiosa”. 

Per il gip i Luppino conoscevano “la vera identità” del capomafia e la loro “condotta ha in concreto agevolato l’associazione mafiosa operante nella provincia di Trapani, avendo consentito a Matteo Messina Denaro non soltanto di mantenere la sua latitanza ma, nel contempo, mediante la sua presenza nel territorio, di continuare ad esercitare il ruolo direttivo dell’organizzazione mafiosa”.  

In particolare, i Luppino “assicuravano una sorta di ‘staffetta’ che serviva per fare “transitare” il boss allora latitante, a Campobello di Mazara (Trapani) “su luoghi notoriamente oggetto di eccezionali controlli delle forze dell’ordine”. “E’ evidente – scrive il gip – che l’utilizzo del mezzo commerciale di proprietà di Vincenzo Luppino rientrava nella complessiva strategia degli indagati per preservare la latitanza di Messina Denaro”.  

Nel giugno 2022 i due fratelli avrebbero avuto anche un ruolo importante nel trasferimento del latitante dall’abitazione di vicolo San Giovanni 260, cioè a pochi passi dalla loro abitazione, all’appartamento di via Cb 31, a Campobello di Mazara.  

La famiglia Luppino avrebbe aiutato il capomafia durante la sua latitanza anche per trovare le sim per il telefono cellulare. Come emerge dall’inchiesta il 21 gennaio 2021 fu proprio Giovanni Luppino a fare attivare la sim, rimasta inutilizzata fino all’8 aprile, poi inserita nel cellulare Huawei col quale il boss comunicava durante il ricovero alla clinica La Maddalena. Risultano “innumerevoli contatti tra l’utenza in uso a Vincenzo Luppino e l’utenza della clinica a Maddalena” dove il boss fu operato per il tumore. Ma anche per le visite di controllo successive “vi è coincidenza rra le celle impegnate del telefono di Antonino Luppino e quelle impegnate dal telefono di Messina Denaro”, scrive il gip. 

A partire dal 2017, il boss mafioso Matteo Messina Denaro avrebbe elargito numerosi regali alla famiglia di Giovanni Luppino. “Dalle analitiche annotazioni sulle spese che Messina Denaro stilava di suo pugno poteva ricavarsi che il lattante era solito versare periodicamente somme di denaro, anche di importi non trascurabili, in favore dei Luppino ed elargire loro piccole regalie”. I Luppino venivano indicati con il soprannome di ‘Mustusi’.  

Gli accertamenti svolti congiuntamente (con il coordinamento di questa Direzione Distrettuale Antimafia) dal ROS dei Carabinieri, dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Trapani e dal S.C.O. della Polizia di Stato – corroborati dall’analisi di tabulati telefonici e traffici di celle, dalla visione di immagini di videosorveglianza e dalle evidenze scientifiche genetiche e papillari – hanno consentito di “acquisire gravi indizi in merito alle diversificate attività illecite svolte dai fratelli Luppino al fine di “proteggere” la latitanza del capo mafia trapanese”. 

 

 

 

cronaca

​