Omicidio Saman, il fratello Ali: “Buca scavata da mio zio Danish e i cugini”. Adnkronos – ultimora

(Adnkronos) – A scavare la buca dove è stata seppellita Saman Abbas sono stati lo zio Danish e i suoi figli. Seconda giornata dedicata alle testimonianze di Ali Heider, fratello della 18enne di origine pakistana uccisa a Novellara (Reggio Emilia) nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2022, nell’aula della Corte d’Assise d’appello di Bologna. 

Il giovane – che all’epoca dei fatti aveva 16 anni – rappresenta il testimone chiave che ha portato alla condanna in primo grado all’ergastolo del padre e della madre di Saman, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen. Inoltre, le sue dichiarazioni sono risultate determinanti anche per accertare il coinvolgimento dello zio della ragazza, Danish Hasnain, condannato a 14 anni di reclusione.  

“Prima ero traumatizzato e non avevo le forze di parlare, avevo paura” ma poi, ha spiegato Ali Heider, “ho deciso di parlare per la giustizia”. Il giovane ha inoltre raccontato come il padre gli dicesse di “non parlare dei cugini, quelli che si sono salvati lasciali fuori”. 

 

Come già successo una settimana fa, il fratello di Saman sta ricostruendo i giorni precedenti alla scomparsa della sorella. Rispondendo alle domande del procuratore generale Silvia Marzocchi, il ragazzo ha spiegato di aver visto “sui giornali” la buca nella quale era stata seppellita la sorella. Quando l’accusa gli ha chiesto chi avesse scavato quella fossa, il ragazzo ha risposto dicendo che era opera dello “zio Danish e dei cugini Ikram e Nomanhulaq”.  

A quel punto Pasquale Domenico Stigliano, presidente della Corte d’Assise d’appello, gli ha domandato come facesse a saperlo: il giovane ha spiegato di averlo capito nel momento in cui lo zio Danish – con cui si era recato “davanti al negozio di Bartoli” (titolare dell’azienda per la quale lavoravano i familiari di Saman) – gli ha spiegato di dover “andare a pulire i tubi”, un lavoro extra chiesto dalla moglie del titolare dell’azienda agricola di Novellara per la quale lavoravano i familiari di Saman.  

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Pubblicato da Giorgio Consolandi

Giorgio Consolandi – Romano di nascita, apolide per istinto. Impegnato ideologicamente per il sociale, sento forte da sempre il dovere del perseguimento della giustezza e la difesa dei deboli. Contrasto con ogni mezzo i soprusi, sebbene consapevole che il concetto di società perfetta, rimarrà utopico. Ateo, perché rifiuto il concetto di creatore, pongo l’uomo al centro dell’universo e lo rendo responsabile delle sue scelte. Mi interesso di politica poiché credo sia necessaria una visione ampia di tutte le attività umane e della regolamentazione di esse, sono tuttavia consapevole della fallibilità e dell’imperfezione della politica, più che disilluso, continuo ad essere un sognatore, e lotto perché i sogni si concretizzino. La scrittura come forma espressiva del pensiero ed il pensiero come strumento motore della scrittura mi inducono a raccontare le mie analisi personali, le critiche, le esaltazioni, le allucinazioni ed i miraggi che la vita mi infligge senza compassione e senza chiedere permesso. Se cade il mondo io non mi sposto, cerco invece, in un esercizio vano e disperato, di trattenerlo ancorato alla logica ed alla ragione, al sentimento ed all’amore, ma sono sempre più solo. Sostengo ed attuo la difesa degli animali, la loro tutela contro inutili sofferenze ed abusi. Sono figlio degli anni ’60 e ne porto addosso le emozioni e le pulsioni che la mia generazione ha ricevuto. Ho coscienza di far parte di un segmento storico, giudicato con impietosa severità da chi ci succede. La mia generazione ha prodotto contraddizioni morali, etiche, religiose e anche sociali, ma ha determinato la crescita del Paese. I miei J’accuse sono sassi gettati nel lago, lo so che qualcuno è sempre pronto ad accodarsi alla lotta, ne sono convinto!