Un cane non è un figlio, infatti nessuno pensa il contrario!

Esiste una terribile scuola di pensiero che condanna coloro che riversano amore sui propri animali domestici, poiché secondo i sostenitori di questa aberrante logica, sostituirebbero un cane o un gatto ad un figlio, dirottando all’animale amore e cure che invece potrebbero destinare ad un bambino.

Un cane non è un figlio

E “grazie al cazzo” è probabilmente ciò che risponderebbe a questa affermazione il compianto Gigi Proietti con la sua sintesi popolar-romanesca, tanto spiritosa quanto efficace! Che l’amore sia determinato da un binario ideale che va: o da una parte o dall’altra, è un concetto decisamente opinabile. Come si può pensare che se qualcuno ama i propri figli non possa dedicare amore ad altri, animali compresi? Ci sono tantissime famiglie, dove papà, mamma e figli convivono con due o tre gatti e cani in casa. Si occupano del loro benessere e li riempiono di coccole e attenzioni, eleggendoli a membri effettivi della famiglia. Queste persone non sono dei mostri, sono anzi capaci di dedicare affetto ad altri esseri viventi. Chi sostiene che un pet sia un palliativo di un figlio, probabilmente ha parecchia confusione in testa ed evidentemente non ha mai condiviso le sue giornate con un cane o un gatto.

Il caso di Francesco

Papa Francesco, in occasione degli Stati generali della Natalità, a Roma, ha tenuto a raccontare il suo sdegno al cospetto di una signora che gli ha chiesto di benedire il suo cane. Lui, papa Bergoglio, l’ha cacciata ricordandole che ci sono tanti bambini che muoiono di fame… Già, ci sono un sacco di bambini che proprio non ce la fanno, così come le loro famiglie, ci sono bambini in tutto il mondo che soffrono per le guerre, per il disagio economico, per la mancanza di strutture sanitarie. Ci sono anche bambini qui da noi, in Italia, che non godono certo di un’infanzia felice e serena e per loro la speranza di miglioramento appare piuttosto utopica. La Chiesa, intesa come istituzione, fa molto per chi soffre, ma in tutta onestà sarebbe in grado di fare molto di più se solo volesse davvero.

Inutile dire che la vicenda ha provocato una sollevazione di protesta degli animalisti, ma anche di chiunque ama cani e gatti e magari li ha anche in casa.

Un convincimento già noto

Sono in molti quelli che sono consapevoli che il papa non ha mai fatto mistero di “pensare” ad una evidente linea di demarcazione tra bambini e animali, alludendo proprio al concetto che se si dedica amore ad un cane, automaticamente si toglie al bambino. Se non fosse il capo della Chiesa, verrebbe da pensare che siano solo farneticazioni di una persona anziana, ma l’atteggiamento di un papa dovrebbe essere più ben disposto verso ogni essere vivente. D’altronde è pure vero che mica basta chiamarsi Francesco per “parlare agli animali”.

Una malattia comune

Certe convinzioni non sono naturalmente solo prerogativa del vescovo di Roma, alcune persone comuni, demonizzano coloro che hanno attenzioni affettuose verso il gatto di casa. La sciocca logica che pretende che chi ha un cane lo sostituisca al figlio, va anche oltre. Ci sono infatti quelli che si ergono a giudice e stabiliscono che chi possiede un pet finisce col sostituirlo al figlio che non ha mai avuto o al figlio morto o ancora, al figlio che se n’è andato di casa e si è fatta la sua famiglia.
Questo è un Paese libero, per carità, e ogni cretino è libero di dire ciò che pensa, ma lo stesso diritto lo hanno i dissenzienti quando replicano senza tanti giri di parole e danno dello scemo a chi sostiene certe tesi.

Animali d’affezione, animali da lavoro, animali da mangiare

L’essere umano non è mai stato realmente “buono” verso gli animali e quando non li trasforma in “oggetto d’affezione”, li sfrutta per lavoro, li mangia, li caccia per sport, li uccide per le pelli e le pellicce, li usa per scopi scientifici anche ricorrendo alla vivisezione. Non raccontiamoci cazzate, la vera bestia purtroppo è l’uomo e quando questo decide di fare una carezza ad un cagnolino e magari spende del denaro per compragli dei croccantini, non facciamo quelli che saltano sulla sedia e gridano alla fame nel mondo. Chissà se più di qualcuno si sofferma mai a ragionare sul fatto che certe porchette per panini sono dei maialini giovanissimi e che l’agnello che abbiamo consumato a Pasqua aveva solo poche settimane di vita.

Tutti siamo responsabili della condizione dei nostri simili e tutti abbiamo a cuore il destino dei bambini di ogni parte del mondo, ma singolarmente, oltre a fare beneficienza (sperando che arrivi), abbiamo ben poco potere. Spetta agli Stati attivare politiche reali in favore di chi è svantaggiato, e ricordiamoci che anche il Vaticano è uno Stato, e pure piuttosto ricco.

Immagine tratta da: frontlinecanegatto.it
Immagini interne: Facebook/chetempochefa – canavesenews.it

 

Pubblicato da Giorgio Consolandi

Giorgio Consolandi – Romano di nascita, apolide per istinto. Impegnato ideologicamente per il sociale, sento forte da sempre il dovere del perseguimento della giustezza e la difesa dei deboli. Contrasto con ogni mezzo i soprusi, sebbene consapevole che il concetto di società perfetta, rimarrà utopico. Ateo, perché rifiuto il concetto di creatore, pongo l’uomo al centro dell’universo e lo rendo responsabile delle sue scelte. Mi interesso di politica poiché credo sia necessaria una visione ampia di tutte le attività umane e della regolamentazione di esse, sono tuttavia consapevole della fallibilità e dell’imperfezione della politica, più che disilluso, continuo ad essere un sognatore, e lotto perché i sogni si concretizzino. La scrittura come forma espressiva del pensiero ed il pensiero come strumento motore della scrittura mi inducono a raccontare le mie analisi personali, le critiche, le esaltazioni, le allucinazioni ed i miraggi che la vita mi infligge senza compassione e senza chiedere permesso. Se cade il mondo io non mi sposto, cerco invece, in un esercizio vano e disperato, di trattenerlo ancorato alla logica ed alla ragione, al sentimento ed all’amore, ma sono sempre più solo. Sostengo ed attuo la difesa degli animali, la loro tutela contro inutili sofferenze ed abusi. Sono figlio degli anni ’60 e ne porto addosso le emozioni e le pulsioni che la mia generazione ha ricevuto. Ho coscienza di far parte di un segmento storico, giudicato con impietosa severità da chi ci succede. La mia generazione ha prodotto contraddizioni morali, etiche, religiose e anche sociali, ma ha determinato la crescita del Paese. I miei J’accuse sono sassi gettati nel lago, lo so che qualcuno è sempre pronto ad accodarsi alla lotta, ne sono convinto!