Prescindendo dagli ormai noti 49 milioni che sono svaniti chissà come e chissà per mano di chi, le ultime inchieste giudiziarie sulla Lega hanno minato l’elettorato.
Da Savoini alla vicenda Siri dallo scandalo dei camici che ha visto coinvolto il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, all’ultima questione dei “tre commercialisti” sui quali subito il leader del Carroccio ha speso parole garantiste. E i sostenitori leghisti, finalmente, cominciano a farsi domande.
Nel quotidiano La Notizia, di Gaetano Pedullà, oggi in edicola, si parla della mancata spallata al governo che era invece pronosticata da Salvini che preannunciava una vittoria dilagante del centrodestra.
Ieri in un’intervista a Radio24, in merito alla sua leadership, Salvini rispondeva: “Io indebolito dentro la Lega? È il desiderio di qualche giornalista”. Alludendo al fatto che la sua posizione è ben salda e tutt’altro che minacciata.
Ma si sa che l’autoanalisi tende sempre ad essere generosa e l’autocritica fatica ad individuare carenze oggettive e soggettive. Eh si, perché alla fine i giornalisti riportano notizie e probabilmente poco glie ne cale se il tal politico viaggia sulla cresta dell’onda o vive momenti di crisi insieme al suo partito.
La Lega resta il primo partito, nessuno lo nega, ma è anche innegabile che al suo interno si sia aperta una riflessione. Stessa cosa si ravvisa in effetti in tutto il centrodestra. L’emorragia di voti leghisti era già emersa alle regionali di gennaio in Emilia Romagna e in Calabria. Il discostamento dell’elettorato è evidentemente iniziato ai tempi degli scivoloni del Papeete e poi tutti gli scandali finanziari che hanno interessato la Lega ad iniziare dai 49 milioni, hanno fatto il resto.
Salvini continua ad apparire ed a raccontarsi come quello che gli scivola tutto addosso ma è difficile fare l’indiano quando è evidente che non si può essere all’oscuro di certe vicende.
I sospetti sui poco chiari giri di denaro che hanno interessato uomini molto vicini al segretario leghista, sono troppi: dall’affaire Savoini e i fondi russi, alla vicenda che coinvolge l’ex sottosegretario Armando Siri finito indagato per corruzione. Dallo scandalo dei camici dove è rimasto invischiato proprio il governatore Fontana, ai tre fiscalisti del partito attualmente ai domiciliari.
Ma lui, il capitano, continua a fare il disinvolto e recita la poesia della magistratura a senso unico, come una antica litania di berlusconiana memoria.
Gli elettori fecero precipitare al 4% la Lega di Bossi (quando c’era ancora la parolina Nord), ai tempi dell’inchiesta denominata The Family, sui fondi del partito usati per fini personali.
Stavolta è toccato alla Lega del Veneto, che ha visto uno spostamento di voti verso la lista di Zaia (leghista comunque anche lui) ma che nei suoi precedenti mandati non si è mai trovato al centro di indagini. Anche in questo caso Salvini minimizza raccontando in tv che in ogni caso erano voti per la Lega. Si lo erano sicuramente, ma erano per una Lega rappresentata da Luca Zaia mica da Matteo Salvini. E intanto mentre il capitano è intento a farsi selfie, Giancarlo Giorgetti… Attende!