Gori: frase di Renzi infelice e strumentale sui morti, nel suo ultimatum al governo

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha commentato le parole di Matteo Renzi che ieri 30 aprile, nel pomeriggio al Senato ha detto: “La gente di Bergamo e Brescia che non c’è più, se potesse parlare ci direbbe di riaprire”.

La frase inopportuna, l’ha infilata Renzi nel suo ultimatum al premier Conte, dicendogli appunto che se il governo sceglierà il populismo, Italia Viva non sarà più della partita…

Gori ha detto: “Se Renzi voleva rendere omaggio ai nostri morti, il modo è decisamente quello sbagliato”. Accusando il leader di Italia Viva di aver coinvolto le persone che hanno perso la vita a causa dell’epidemia da Coronavirus, allo scopo di sostenere la sua proposta di riapertura delle attività.

Il primo cittadino di Bergamo ha poi aggiunto: “Immagino che Matteo Renzi volesse sottolineare l’attaccamento al lavoro della gente di Bergamo e di Brescia. Ma sostenere che le vittime del virus, se potessero parlare, vorrebbero oggi la riapertura, appare stonato e strumentale”.

Poi Gori ha concluso la sua critica sdegnata dicendo di essere sicuro che Renzi abbia pieno rispetto del dolore di queste province, ma che ritiene fuori luogo, la frase pronunciata al Senato.

Pubblicato da Giorgio Consolandi

Giorgio Consolandi – Romano di nascita, apolide per istinto. Impegnato ideologicamente per il sociale, sento forte da sempre il dovere del perseguimento della giustezza e la difesa dei deboli. Contrasto con ogni mezzo i soprusi, sebbene consapevole che il concetto di società perfetta, rimarrà utopico. Ateo, perché rifiuto il concetto di creatore, pongo l’uomo al centro dell’universo e lo rendo responsabile delle sue scelte. Mi interesso di politica poiché credo sia necessaria una visione ampia di tutte le attività umane e della regolamentazione di esse, sono tuttavia consapevole della fallibilità e dell’imperfezione della politica, più che disilluso, continuo ad essere un sognatore, e lotto perché i sogni si concretizzino. La scrittura come forma espressiva del pensiero ed il pensiero come strumento motore della scrittura mi inducono a raccontare le mie analisi personali, le critiche, le esaltazioni, le allucinazioni ed i miraggi che la vita mi infligge senza compassione e senza chiedere permesso. Se cade il mondo io non mi sposto, cerco invece, in un esercizio vano e disperato, di trattenerlo ancorato alla logica ed alla ragione, al sentimento ed all’amore, ma sono sempre più solo. Sostengo ed attuo la difesa degli animali, la loro tutela contro inutili sofferenze ed abusi. Sono figlio degli anni ’60 e ne porto addosso le emozioni e le pulsioni che la mia generazione ha ricevuto. Ho coscienza di far parte di un segmento storico, giudicato con impietosa severità da chi ci succede. La mia generazione ha prodotto contraddizioni morali, etiche, religiose e anche sociali, ma ha determinato la crescita del Paese. I miei J’accuse sono sassi gettati nel lago, lo so che qualcuno è sempre pronto ad accodarsi alla lotta, ne sono convinto!